Cerca nel blog

giovedì 20 ottobre 2011

CRT e MotoGP: il mio pensiero.

All’inizio, devo ammetterlo, ero molto scettico.
L’idea del gran capo della Dorna di mettere insieme alle MotoGP di 1000 cc degli “ibridi” costituiti per metà da Superbike (il motore) e per metà da prototipi con telai artigianali, pur se ingegnerizzati da factory di assoluto pregio come Suter o FTR, mi sembrava veramente campata per aria.
Troppo tecnologiche le MotoGP anche solo per essere lontanamente avvicinate nelle prestazioni da questo nuovo tipo di motociclette da competizione chiamate CRT, acronimo di Claiming Rule Team, pur se dotate di motori altamente prestazionali prelevati direttamente dai reparti corse delle Case impegnate nelle corse per macchine derivate di serie, ed opportunamente sottoposti  a preparazioni altamente “vitaminizzanti”.
Poi, vedendo la penuria di motociclette schierate nella griglia della classe regina del Motomondiale, non ultimo i dieci soli arrivi nell’ultimo GP d’Australia, mi sono piano piano reso conto che l’arrivo di questa nuova categoria di macchine da competizione rappresenterà senz’altro una ventata d’aria fresca, se non addirittura una boccata di ossigeno per l’altrimenti morente MotoGP, afflitta da costi spropositati e divorata dalla sua stessa tecnologia da Formula1.
Al giorno d'oggi è diventato impensabile spendere quattro milioni di euro all'anno per un leasing di una MotoGP, perchè non c'è più un sostanziale ritorno economico.
Dati alla mano, le prestazioni di una moderna Superbike ben preparata ed in mano ad un pilota veloce non sono poi molto lontane da quelle di una MotoGP.
Quest’anno Biaggi a Misano in gara 1 ha fermato il crono del giro veloce in 1’36”344, mentre nella MotoGP Lorenzo ha fermato il crono in 1’33”906: in pratica due secondi e mezzo più veloce, non tanti se si pensa alla differenza quasi abissale esistente tra il pacchetto gomme-elettronica della MotoGP e quello della Superbike.
Dotando una buona Superbike di un motore più potente e soprattutto di una elettronica più raffinata si dovrebbe limare almeno un secondo sul giro, perciò con il proseguo dello sviluppo i tempi dovrebbero attestarsi su differenze significative ma non elevatissime.
In pratica un buon pilota con una CRT competitiva, con una buona ciclistica e preparata bene, visto che le MotoGP ufficiali per il prossimo anno non dovrebbero essere più di setto o otto dato che la Suzuki non ha ancora reso noti i suoi programmi, dovrebbe riuscire a stare tra il dodicesimo e quindicesimo posto, in pratica le posizioni che occupano adesso le varie Ducati “private” oppure Toni Elias con la Honda clienti.
Certo arrivare dodicesimo non piace a nessuno, ma si deve considerare l’altissimo livello tecnico della competizione, dove anche raggranellare qualche punto rappresenta comunque un buon risultato, così come accade nella Formula1 con scuderie di secondo piano come le varie Force India, Sauber e via discorrendo.
Inoltre le CRT potrebbero rappresentare il futuro del motorsport a due ruote, dove la Case si limitano a fornire i motori più o meno ufficiali alle scuderie che più se li meritano, un po’ come faceva la Cosworth con i suoi otto cilindri Ford da F1 (e ancora saltano fuori le monoposto…) che venivano venduti ai vari costruttori, soprattutto inglesi.
Una premier class del Motomondiale con almeno ventidue – ventiquattro partenti è auspicabile per tutti: per il pubblico che vedrebbe un po’ più di spettacolo in pista, così come accade per la Moto2 dove sono interessanti i duelli anche per le posizioni di rincalzo, e per gli addetti ai lavori che così vedrebbero scongiurato un calo d’interesse da parte dei media e degli sponsor.
E poi, a ben vedere, un fenomeno CRT ante-litteram si è già visto nella vecchia classe 500 a fine anni sessanta inizio anni settanta, dove dopo il ritiro della Honda c’era solo la “ufficialissima” MV di Agostini, seguita da uno stuolo di moto artigianali per lo più costruite con motori monocilindrici inglesi Norton Manx, AJS o Matchless accoppiati a telai costruiti da specialisti come Seeley o Spondon, oppure dalle nostre Linto e Paton.
Ma l’interesse per le corse all’epoca non calò e, anzi, attirò in massa i giapponesi con le loro formidabili due tempi.
RD

Nessun commento:

Posta un commento