Chaz Davies, 10 con lode. Parte
bene in tutte e due le manches e, sfruttando abilmente errori e malasorte
altrui, regala a sè e alla BMW una doppietta che ha un valore doppio perchè
suggella sia la sua competitività che quella della quattro cilindri bavarese.
Molto molto ma molto bravo.
Sylvain Guintoli, nove e mezzo.
Forse il francese non sarà un tipo scintillante ed appariscente ma quando c’è
da portare a casa dei punti si fa sempre trovare pronto; i due secondi posti
gli valgono la prima posizione provvisoria nella graduatoria iridata.
Consistente.
Marco Melandri, sei e mezzo. Da
uno dei più seri candidati alla vittoria finale ci si deve attendere di più.
Vabbè il chattering che lo ha costretto a guidare sulle uova per tutto il we,
ma il confronto con il compagno di squadra è impietoso e Marco deve riprendersi
in fretta se vuole portare a casa l’alloro iridato. Da rivedere.
Tom Sykes, sette. Vale lo stesso
discorso fatto per Melandri, con la sola attenuante di avere disputato una
ottima superpole e di essersi ritirato in gara1 non per colpa sua ma per un
problema tecnico, anche se l’impressione è che non ne avesse per lottare con il
gallese e con il francese dell’Aprilia. Aspettiamo anche lui ad Assen.
Eugene Laverty, cinque. Ci sta il
problema elettronico di gara1, ma il crash di gara2, per lo più alla prima
curva, non lo si può davvero perdonare, per di più da un serio pretendente per
il titolo. Bocciato.
Davide Giugliano, otto. Avrebbe
potuto agguantare due quarti posti se in gara1, a poche decine di metri dal
traguardo, non fosse rimasto senza benzina, ma quello che ha fatto vedere il
romano nelle due gare di Aragon è stato sorprendente perchè è riuscito a
mettersi dietro fior fiore di piloti ufficiali e, d’altronde, la sua classe non
la si scopre solo adesso. Incisivo e veloce.
Jonny Rea, sei. In gara1 fa
quello che può e agguanta d’un soffio il quarto posto complice il ritiro di
Giugliano, mentre in gara2 un problema lo costringe al rientro al box mentre
stava remando per rimanere nel gruppo inseguitore, non senza grande sofferenza.
L’impressione è che per ora, con quella Honda lì, l’inglese difficilmente potrà
lottare per il titolo.
Leon Haslam, quattro. Due noni
posti, davvero poco per un top rider della sbk. La Fire Blade non sarà un colpo
di fulmine, ma il confronto con Rea è impietoso. Urge darsi una mossa per non
finire come Haoyama.
Ducati Alstare: cinque. La
Panigale in configurazione sbk non va. Non ha velocità di punta, esce piano
dalle curve e sembra anche poco maneggevole con le gomme da 17”. Se non ci si
mette una pezza subito il buon Checa rischia di fare come Valentino Rossi con
la D16. Anche qui darsi una mossa.
Jules Cluzel, sette. Ottima
prestazione per il francese, che sicuramente sarà meno glamour del suo
pettinatissimo compagno di squadra ma che comunque porta a casa un sesto ed un
settimo posto tutt’altro da disprezzare per una Suzuki che è quasi una stock
dato lo scarsissimo impegno di Hamamatsu nel seguire il team inglese. Tosto.
Regolamento tecnico sbk: quattro.
Occorre fare urgentemente dei cambiamenti radicali perchè diciannove moto in
griglia, compresa la wild card Aitchison con la “vetusta” 1098R, sono davvero
poche per quello che dovrebbe essere un campionato più aperto rispetto alla
MotoGp. Sono di insegnamento il BSB, il CEV ma anche il nostro CIV, dove la sbk
in quanto tale ha cessato di esistere in favore di motociclette più simili alla
serie, con costi di gestione decisamente più contenuti, e questo a favore di
griglie più nutrite e quindi dello spettacolo.
RD
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