Pole e
doppietta, questa in poche parole la sintesi del secondo round del Mondiale per
le derivate di serie, dove l’inglese Campione del Mondo in carica ha lasciato
solo le briciole agli avversari, confermandosi di fatto a pieno titolo il vero
uomo da battere anche quest’anno.
In Gara1 Sykes,
per nulla in difficoltà malgrado la bassa temperatura dell’asfalto – un inciso
sull’assurdità di far correre di primo mattino la prima manche, ma di questo
parleremo in seguito in altro post – è partito subito in testa seguito dal suo
alfiere compagno di Team Loris Baz, e i due hanno così chiuso nell’ordine la
prima frazione, dopo che il ducatista Davide Giugliano, sempre con i primi per
tutte e 17 le tornate, ha tentato fino all’ultimo di agguantare la terza piazza
ai danni di un coriaceo e ritrovato Jonny Rea, rischiando un patatrac a poche
curve dalla fine con un’entrata poco ortodossa:
Rea ha concluso comunque sul podio mentre il “bombardiere” di Marino,
malgrado la caduta, è arrivato ottavo, regalando così la quarta piazza
all’altro ducatista Chaz Davies. In effetti Giugliano, talento cristallino e
che in Ducati sembra avere trovato la sua giusta dimensione di pilota tutto
cuore e attributi, deve cercare di regolarsi in certe situazioni di gara: la
velocità c’è, il coraggio anche, ma a valte manca la lucidità. Autore di una
grande rimonta è stato Leverty, quinto al traguardo, in difficoltà nelle prime
battute di gara a causa del non perfetto bilanciamento della moto a serbatoio
pieno, a detta dell’irlandese troppo penalizzata nella percorrenza di curva.
Grossi problemi in casa Aprilia, con Guintoli sesto ma a 22” da Sykes, e
Melandri solo undicesimo, superato sul finale anche da Lowes e da Haslam:
entrambi i piloti di Noale hanno sofferto moltissimo la mancanza di grip dovuta
alla bassa temperatura del fondo stradale, che non ha permesso di mandare in
temperatura ottimale le gomme prima del loro decadimento.
In Gara2 è
proseguita la legge di Sykes, ma questa volta l’inglese, unico tra i “big” a
partire con gomme hard, ha dovuto patire
non poco a tenere dietro il “solito” Baz e Marco Melandri che, complici le
temperature più umane della gara pomeridiana, è riuscito a sfruttare al meglio
la mescola soft della Pirelli, tentando addirittura di sopravanzare Sykes per
la vittoria finale con una staccata da paura alla fine del drittone, perdendo
però anche la seconda piazza ai danni del francesone di casa Kawasaki, che così
anche nella seconda frazione ha completato l’en plein di Akashi. Quarto
Guintoli, che ha tenuto dietro Rea dopo che l’inglese ha avuto un netto calo
prestazionale da metà gara in poi. Poco incisiva la Ducati in questa seconda
frazione, con Davies caduto quasi subito e con Giugliano incapace di stare con
i primi e quindi settimo al traguardo dietro al costante Laverty, la cui Suzuki
GSX-R è sembrata però un pò indietro anche rispetto alla sua diretta contender
Honda CBR. La Ducati è apparsa qui in leggera flessione, anche se il modo di
guidare dei suoi due piloti, sempre sopra i problemi, sembra adattarsi alla
“Panigale”, ma la bicilindrica bolognese, pur se con 200 cc in più rispetto
alle quattro cilindri, in configurazione SBK paga sempre troppo in velocità di
punta e in accelerazione, mentre sembra molto crescita nel bilanciamento dei
pesi e quindi in stabilità.
Un capitolo a
parte riguarda Marco Melandri, un pilota che invece con i problemi ci vive e ci
combatte: l’impressione è che se il romagnolo vorrà tentare di vincere il suo
secondo Mondiale dopo quello, ormai lontanissimo, della 250 cc, dovrà
cominciare a guidare sopra ai problemi, ovviando con la sua classe alle
carenze, solo comunque di dettaglio, della sua Aprilia.
Anche se non ha
preso punti mondiali causa mancata omologazione, è piaciuta molto la Bimota,
con Badovini già in grado di tenere il passo delle migliori EVO, sotto-categoria
appannaggio di Salom nella prima frazione e del rientrante Camier nella seconda.
Dopo i primi due
appuntamenti di questo Mondiale 2014, che vede ora al comando Sykes con 75
punti davanti a Baz con 71 e a Guintoli con 64, l’inglese della Kawasaki ha già
calcato fortemente la sua impronta: gli avversari non mancano ma dovranno rimboccarsi le maniche se
vorranno strappare il n. 1 dal cupolino della verdona.
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