Faccio subito
una premessa: io sono uno di quegli appassionati all’antica, che ama ancora
andare a vedere le gare di moto in moto, a cui piace ancora girare per il
paddok a vedere tecnici e meccanici in azione, e che preferisce vedere le corse
dal vivo, magari dall’alto di una bella collinetta, o di una tribunetta con
vista, che ne so, sulle Biondetti del Mugello, o sulla Variante Bassa di Imola
piuttosto che sul Carro di Misano.
Mi piaciono i
circuiti “di una volta”: mi piace il Mugello con i suoi su e giù naturali, mi
piace tremendamente Imola, mi piace Brno, mi piace Monza anche se ormai del
tutto anacronistica, ma non mi piace per nulla il “nuovo” Santa Monica che è
stato del tutto snaturato con l’inversione del senso di marcia e con il suo
innaturale allungamento.
Odio le piste
salotto, o stadio che dir si voglia, di ultima generazione, perchè secondo me
il motociclismo dal vivo è ancora legato strettamente al tracciato; della
serie: io preferisco la Tosa perchè mi piace la staccata e l’accelerazione in
salita, oppure mi piazzo alla Rivazza perchè godo a vedere la discesa e la
doppia curva che precede il rettilineo.
Ma soprattutto
non sopporto il format che il Sig. Carmelo ci ha propinato da oltre un
decennio, prima con la “brutale” soppressione delle amate cinquecento due
tempi, e poi con l’altrettanto devastante abolizione delle centoventicinque e
delle duemmezzo, con quest’ultima classe addirittura sostituita da un surrogato
simil-produzione senza fascino alcuno, senza memoria storica, senza possibilità
di dar sfogo al lavoro di tecnici e preparatori.
Perchè se da una
parte le piccole Moto3, in fin dei conti, riprendono in chiave moderna e
tecnologica il concetto delle vecchie duecentocinquanta monocilindriche quattro
tempi che tanto hanno dato negli anni ’50 al nostro motociclismo nazionale, le
Moto2 non sanno proprio di nulla e sono ben lontane dall’aurea che ancora
permea la mitica classe di mezzo, quella che ha consegnato allori a gente come
Ambrosini, Lorenzetti, Provini, Ubbiali, Hailwood, Phil Reed, Villa, per non
parlare dei più vicini a noi Spencer, Cadalora, Biaggi, Rossi e Capirossi.
Tutti si
ricorderanno la mitica doppietta di Spencer nel 1985: Freddie scendeva dalla
duemmezzo, spesso dopo avere vinto, e prendeva dalle mani di Kanemoto la NSR500
già bella calda e pronta per la gara successiva, che all’epoca partiva
immediatamente dopo dato che si era ben lontani dalle tiritere televisive di
oggi.
E i duelli tra
Cadalora e i tedeschi Bradl e Roth? La gente impazziva. E aggiungo anche la
prima e storica vittoria di Reggiani con l’Aprilia nel 1987 al vecchio Santa
Monica di Misano.
Per non parlare
poi dell’epopea del trio Biaggi – Rossi – Capirossi: sei mondiali in tre negli
anni novanta, in quella che all’epoca era la classe forse più seguita dagli
appassionati.
Ma le epiche battaglie
legate alla stiorica 250 cc sono innumerevoli, e ci vorrebbero libri per
raccontarle.
Sfido invece a
ricordare, tra qualche anno, a chi è andato il primo titolo della Moto2, perché
l’alloro del pur buon Toni Elias di certo non passerà alla storia.
La sostituzione
delle care e vecchie 500 due tempi prima con le mille quattro tempi, seguite
poi dalle ottocento a loro volta sostituite di nuovo con le mille, è un
abominio vero e proprio.
Cinquant’anni di
storia della premier class spazzati via come se nulla fosse, con la balla che
le due tempi inquinavano e le quattro tempi no, che le cinquecento erano
“spacca ossa” mentre le mille erano più dolci e facili da guidare, e
soprattutto che dal punto di vista commerciale le mille prototipo riprendevano
la cilindrata delle sportive più vendute, e quindi avrebbero catalizzato più
interesse.
Risultato? Costi
decuplicati e moto infarcite di elettronica, due ragazzi morti in dieci anni,
meccanici che non smontano nemmeno più i motori, griglie di partenza talmente
sottili da doversi inventare sub-categorie assurde come le CRT, le Open e balle
varie, e moto sportive mille che non si vendono più nemmeno fossero gratis.
Ma siamo sicuri
che delle mezzo litro due tempi con iniezione elettronica non avrebbero
consentito un maggiore calmieramento dei costi? Io dico di si.
Quindi caro Sig.
Dorna, ci ridia la nostra storia, ci ridia la nostra passione, e soprattutto la
smetta di fare i conti senza l’oste perchè se, come possibile, quelle tre
uniche Case costruttrici che si sono prese la briga di seguirla nei suoi
assurdi regolamenti la mollano per strada, il “giochino” da lei inventato se lo
ritrova a fare da solo.
Ieri in quel del
Sachsenring si è vista l’ennesima scena da “comiche”, frutto di un regolamento
malsano che permette ai meccanici non di sostituire le gomme se sbagliate, così
come accade in tutti gli sport del motore, ma ai piloti di saltare al volo da
una moto all’altra, bella pronta e gommata ad oc.
E allora tutti i
così detti "big" a partire dalla pit lane in fila indiana come per andare a
prendere il panino del McDonald, mentre i duri e puri che hanno optato per la
gomma slick, anche se con asfalto ancora bagnato, a prendersi quei pochi minuti
di gloria che le telecamere hanno loro regalato.
No, tutto questo
non mi piace per niente.
Io da parte mia
mi accontento del motociclismo “pane e salame” che ancora mi dà un pò di
soddisfazione, e lascio ad altri il motociclismo “usa e getta” di Don Carmelo,
sperando sempre che qualcosa cambi e che magari si ritorni ai cari vecchi tempi....
RD
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